Matteo Renzi, San Giorgio e il drago.

La Direzione di ieri del Partito Democratico è stata la più bizzarra alla quale ho assistito.
Il dibattito è stato anticipato da roboante clamore da parte un po’ di tutti i protagonisti: da una parte Renzi ha annunciato che finalmente si abolirà l’art. 18 così il mercato del lavoro sarà finalmente più moderno. Dall’altra parte sono state senza mezzi termini minacciate scissioni se si fosse toccato l’art. 18.

Infatti nel testo approvato l’art. 18 è sparito, ma potrebbe sempre rispuntare nel testo definitivo del decreto legislativo che sarà licenziato dal Governo sulla base di una ampia e fumosa legge delega.

Sono contento che il mio partito tenga così lungamente la scena, ma mi piacerebbe che qualche volta lo faccia per il merito con il quale affronta le questioni, e si impegna con l’aiuto di tutte le democratiche e i democratici d’Italia, a ridisegnare il futuro di questo Paese, e non per la caciara continua con la quale i suoi vertici si confrontano, lanciandosi appresso l’un l’altro strali più o meno ideologici, e accuse e minacce, dietro le quale il merito delle questioni sfuma sempre di più, lasciando il posto a diatribe strumentali che fanno emergere prepotenti e palesi interessi di botteguccia.

Da questo punto di vista, lo stile Renziano nulla ha cambiato rispetto agli ultimi decenni. Anzi, se fosse possibile, ha pure peggiorato.

Continuo a non capire invece quale sia il vero obiettivo di Renzi. E comincio a temere che non ne abbia effettivamente uno. Come quando un anno e mezzo fa le sue posizioni sulle alleanze che Bersani doveva sviluppare nell’immediato dopo elezioni si coloravano del segno opposto alle dichiarazioni dell’allora segretario, giusto per dargli contro e vantare una posizione “diversa” che nel vocabolario renziano deve evidentemente essere sinonimo di “nuovo”, mi pare che anche adesso che gli tocca elaborare proposte sue e non soltanto rispondere a quelle degli altri, continui a scegliersi facili temi sui quali sa che verrà attaccato, e portarli avanti con decisione per mettere in evidenza i suoi capaci muscoli. Ottenuto il risultato, apparirà come il nuovo, mentre il vecchio sarà stato sconfitto.

Con la lancia della comunicazione, si propone come un novello San Giorgio – non a caso protettore degli scout, come mi segnala Andrea – che sconfigge il drago brutto, cattivo e polveroso.

Il pubblico applaude all’eroica missione e si dichiara pronto a decretarlo Santo. Nel frattempo non si accorge che il drago non era affatto una minaccia al castello, ma un simpatico e innocuo ornamento del suo cortile. Il castello continua invece ad essere diroccato e fatiscente, depredato da barbari mentre San Giorgio é impegnato nella lotta, sfarinato dall’incuria e dagli agenti atmosferici perchè alla manutenzione non ci pensa piu nessuno.

Come una avvincente fiction alla TV, siamo tutti impegnati a guardare il prode cavaliere abbattere il drago, curiosi di capire come finirà l’epica battaglia.

Ma non è una fiction. E oggi come esattamente un anno e mezzo fa, chiedo a cavalieri e draghi di rientrare a castello, chiudervisi dentro col chiavistello, e mettersi a lavorare per scongiurarne il crollo.

Che di fiction ne ho già vista abbastanza finora; e anche se il popolo si entusiasma facilmente per le sorti della saga, e sostiene i suoi eroi con partecipata convinzione, alla lunga governare sopra un cumulo di macerie potrebbe rivelarsi in fondo in fondo, una gran bella cazzata.

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