Il fatto è che Civati e alcuni parlamentari a lui vicini hanno presentato alla stampa un progetto di legge per la diminuzione dell’IVA sugli assorbenti dal 22 al 4%, equiparandoli in pratica a beni di prima necessità, come pane o latte.
La singolare proposta ha scatenato le ironie dei renziani e i pruriti dei social: i primi hanno dato una mano ai civatiani (in debito di visibilità da quando sono fuori dal Partito Democratico -ormai se li fila, ma di Striscia, solo Peppia Pig) a far parlare della loro attività politica; i secondi hanno diffuso la notizia a modo loro, tra canzonature e battute di spirito: i social sono i social, e qui dire “culo”, “tette” o “assorbenti” fa ancora ridere i quarantenni come un bambino di sei anni nella vita reale. Ma tant’è…
A mal pensare, forse la manovra è stata finanche studiata e voluta. La bizzarra proposta è infatti rimbalzata di bocca in bocca e anche le condivisioni ironiche hanno aiutato “Possibile” a dire alle donne: “ehi, noi pensiamo a voi!“. Direttamente a trenta milioni di destinatarie potenziali. Mica poche. Dal punto di vista comunicativo, insomma, una manovra simile a quella degli asili nido di Renzi (ricorderete, ce ne siamo già occupati), quando in piena campagna elettorale per le primarie pareva quasi che il problema fondamentale dell’Italia fossero i poveri bambini in lista d’attesa negli asili comunali. Forse non era proprio così, ma chi potrebbe contestarlo o dirne male? E anzi, peccato che ora il problema sia quasi scomparso dalle agende della politica. Ma tant’è, pure questo…
In verità non siamo riusciti a trovare il ddl Brignone-Civati sugli assorbenti nel database della Camera; forse non è stato ancora depositato, o ci vuole un po’ perché venga messo online, o forse siamo delle seghe noi nelle ricerche. In ogni caso affrontiamo la questione seriamente. Per quanto ci è possibile esser seri. Cioè poco. Ma tant’è (ma che è oggi sto tant’è?).
Com’è noto, avendolo di recente appreso da una puntata di Super Quark direttamente dalle carnose labbra di Alberto Angela, con cadenza di circa 28 giorni ogni donna in età fertile ha il ciclo mestruale. Il che significa da tre a sette giorni di mal di pancia, mal di testa, maltrattamenti a mariti e fidanzati, e soprattutto perdite ematiche. È su queste ultime in particolare che il ddl si concentra (io avrei puntato piuttosto a regolamentare i maltrattamenti, ma tant’è – e ancora? Basta!).
L’operazione, forse un po’ ruffiana ma di indiscutibile utilità, non sembra però essere del tutto indolore. Da un rapido calcolo a naso, considerando circa 20 milioni di donne mestruate al mese, ciascuna delle quali in obbligo di utilizzare almeno 5 assorbenti al giorno per, diciamo, una media di 5 giorni… arriviamo ad un consumo complessivo di circa 500 milioni di assorbenti al mese. Ora, il prezzo degli assorbenti varia enormemente, e non starò qui a tediarvi sulla differenza tra quelli con le ali e senza, o con il filtro controllo odori e la spugna in lactiflex superassorbente ma ultraslim che non si nota manco se giri in città in mutande, e tra modelli esterni ed interni. Che pure potrei. Ma non lo farò. Diciamo che da ricerche di mercato ad cazzum (praticamente ho chiesto a mia moglie) ho individuato che il costo di un pacco da 10/12 è intorno al 3/5 euro. Il che significa che al consumatore (-trice) ogni pezzo costa circa 30 centesimi. Centesimo più, centesimo meno. Per una spesa mensile media procapite, prendendo per buoni i dati di cui sopra, di almeno 8/9 euro; complessivamente il mercato degli assorbenti dovrebbe quindi valere 160 milioni di euro al mese; più di due miliardi di euro l’anno. Iva inclusa. Mettiamo qui la tabella con i calcoli eseguiti e le conclusioni dedotte, che saranno all’uopo commentate.
Sul consumo annuo di assorbenti in Italia abbiam anche trovato “autorevole” conferma in rete quindi la prendiamo per buona.
Ora, milione più milione meno, abbassare l’iva dal 21 al 4% si tradurrebbe in un risparmio mensile per la singola donna di circa un euro e quaranta centesimi; poca roba. Ma complessivamente tutte le donne italiane risparmierebbero ogni anno più di 300 milioni di euro. Centinaia di milione più, centinaia di milione meno. Insomma, un piccolo risparmio per una donna, ma un grande risparmio per l’umanità femminile.
Il che però, in maniera esattamente opposta e simmetrica, è anche quanto costerebbe allo Stato la suddetta riduzione. Trecento milioni l’anno non sono proprio bruscolini. A pioggia poi. Ovvero, posto per ipotesi che una donna miliardaria abbia lo stesso ciclo mestruale di una donna poverissima, risparmierebbero più o meno tutt’e due circa quindici euro l’anno. Un modo un po’ bizzarro di utilizzare il bilancio pubblico, la leva fiscale e le politiche di redistribuzione. Soprattutto pensando che Possibile ha appena fatto una campagna velenosissima contro il bonus cultura varato dal governo Renzi come “regalo” dello Stato ai diciottenni, rimproverando appunto di non fare differenze tra 18enni ricchi e 18enni poveri.
Siamo quindi davvero sicuri che il provvedimento, salutato dai civatiani come adeguamento alle più recenti tendenze legislative europee, sia proprio così utile? Dove troveremo i trecento milioni necessari per la copertura? In altre parole, a cosa dovremo rinunciare per ottenere quindici euro di tasse di risparmio all’anno per ogni donna? A quali servizi? O quale tassa sostituirà il mancato introito?
Per inciso, siamo poi abbastanza convinti che, conoscendo da una parte un po’ il mercato, dall’altra come gira questo porco mondo, parte del risparmio previsto, se non proprio tutto, verrà subdolamente intascato dai produttori, adeguando al rialzo i prezzi: i consumatori infatti sono già abituati a pagare una cifra tot, e non gli cambierà certo il mondo risparmiare qualche centesimo a pacco. Ammesso che se ne accorgano.
E magari sarebbe più “de sinistra” provare a spingere per l’uso di assorbenti lavabili e/o riutilizzabili, piuttosto che spingere per l’usa e getta.
In ogni caso, queste dovrebbero essere le vere domande da girare ai firmatari, o le vere critiche da muovere ai proponenti.
Ma tant’è. Culo, tette, assorbenti.
AGGIORNAMENTO del 15/01/2016: Secondo Vanity-Fair, che cita dati Nielsen forniti da Lines Italia, in realtà l’impatto della riduzione iva sugli assorbenti sarebbe ben minore: il risparmio dell’IVA sarebbe “solo” di 75.000.000 di euro, per un risparmio a donna di circa 5 euro l’anno.
Nel compilare i dati a naso abbiamo sovrastimato il costo medio delle confezioni (non 3 ma 2,3 euro) e il consumo medio procapite mensile (non 25 ma circa 10).
In ogni caso, come emerge anche dai commenti a questo articolo e dalle reazioni social provocate dall’annuncio del ddl (complimenti agli strateghi marketing di Possibile, in questo sempre capaci e attenti) il provvedimento si tradurrebbe quindi più una enunciazione di principio (“gli assorbenti sono un bene di prima necessità”, “lo Stato è attento ai bisogni delle donne”, ecc) che in un effettivo beneficio economico. Pertanto, fermo restando il principio, riteniamo sarebbe maggiormente utile utilizzare i 70 milioni di euro – ad esempio – per una distribuzione a prezzo politico o gratuita per le fasce di popolazione meno abbienti.